Appunti di martedì 21 marzo 2017: #parliamonesabato, #GiornataMondialeDellaPoesia, #InverterTechnology, #FilettiDiAringa.

Su Twitter si è un po’ raffreddata la polemiche sulla trasmissione televisiva Parliamone Sabato che ha presentato i sei motivi per scegliere una fidanzata dell’Est (foto 1). Il popolo dei social, soprattutto quello femminile, è insorto. Giustamente.

Oggi pensavo di farla franca con il tormentone delle Giornate Mondiali, finché non ho aperto Twitter scoprendo che è la Giornata Mondiale della Poesia. Non se ne può più.

Oggi sto lavorando ad una campagna per il lancio nel Middle East di un condizionatore con la Inverter Technology. Se volete sapere cos’è, non ve lo spiegherò. Troppo complicato.

Ho iniziato a leggere Diario di un lettore (foto 2) di Alberto Manguel. Vi saprò dire.

La brasserie da cui passo via (quasi) ogni mattina ha aumentato il prezzo dei filetti d’aringa marinati (foto 3). Pace, sopravviveremo.

A domani, forse.

 

Perché è importante comunicare (bene) sulla rete.

Da qualche tempo, nel mondo della comunicazione pubblicitaria, lo scenario è cambiato: le vecchie forme di comunicazione sono entrate in crisi a causa della nascita di nuovi mezzi di comunicazione legati a internet. Non parlo di banner e di siti vetrina: quelli appartengono al cosiddetto “Web 1” quando ancora internet era solamente un altro mezzo di comunicazione che si andava ad aggiungere a quelli tradizionali offline tipo la televisione, i giornali, le affissioni, le radio etc… Parlo del fenomeno chiamato “Web 2”: mentre prima la comunicazione su internet veniva gestita e creata interamente dal cliente autore del sito, adesso i contenuti e gli argomenti li decide il visitatore, è lui che stabilisce cosa dire di un determinato prodotto e se premiarlo o meno. Il suo giudizio il consumatore lo esprime sui blog, sui forum e sui social network. E così la gente va sulla rete e dice la sua sul prodotto che ha utilizzato un minuto prima. I clienti, col tempo, si stanno accorgendo di questo, scoprendo che la gente è sempre più connessa alla rete, tramite gli smartphone, i pc portatili, la banda larga etc… Questo significa che se un’azienda vuole raggiungere il suo target deve andare a prenderlo direttamente sulla rete: è lì che si trova. Quello che prima si raccontava e si discuteva nelle piazze, nei bar e tra gli amici, adesso si dice sulla rete.

Quindi, in sostanza, quello che io propongo alle aziende è di sviluppare il loro business sulla rete, perché oggi non basta più avere un sito internet graficamente bello ed elegante, bisogna che quel sito sia raggiungibile prima di quello dei concorrenti e consenta a chi lo visita di dialogare con l’azienda per consigliare, chiedere ma anche criticare. Perché è un diritto di ogni cliente.

Inoltre essere online significa sapere chi visita il sito o il blog aziendale, cosa fa, cosa eventualmente scarica e saper dialogare con lui in forma diretta.

Nello specifico quello che propongo è:

–  apertura e gestione di blog aziendali, attraverso i quali parlare dei prodotti, delle novità aziendali etc…ma soprattutto ascoltare il cliente che è libero di commentare quello che gli stiamo dicendo. I blog piacciono molto ai motori di ricerca che, nel computo delle ricerce,  li premiano mettendoli in posizione privilegiata rispetto ai siti tradizionali.

–  ottimizzazione dei contenuti: per meglio farsi trovare dai potenziali clienti su Google

–  gestione e sviluppo dello strumento Google Adwords, acquisto di parole chiave a pagamento. Google Adwords è il sistema di pubblicità digitale in PPC (Pay Per Click) attualmente più utilizzato al mondo. Permette di far attivare degli annunci pubblicitari contestualmente alla ricerca di precise parole chiave all’interno del motore di ricerca Google.

–  eMail marketing (invii periodici di newsletter con  tracciabilità garantita) prima c’era il direct marketing, ma ciò che un’azienda inviava non si poteva sapere con esattezza se veniva letto. Adesso con l’invio via email sappiamo perfettamente se il nostro cliente ha letto la mail che gli è stata inviata e sappiamo anche se tramite quella mail è andato a visitare alcuni prodotti sul sito. In questo modo nella mail successiva potremo inviargli  informazioni aggiuntive e mirate sui prodotti visitati.

–  Web Reputation: i clienti sanno cosa dice la gente sulla rete del loro prodotto o del loro servizio? Pensano che se ne parli bene o invece che tutti ne parlino male? Alcuni clienti muoiono dalla voglia di sapere come li giudicano i consumatori.

Per qualsiasi altra informazione non esitate a contattarmi.

Le aziende su Instagram: esserci per forza solo perché è di moda.

Nell’epoca dell’apertura frenetica di pagine e canali social alcuni suggerimenti sull’utilizzo di Instagram per le aziende.

stacy Oggi parlerò di Instagram.

Uno dei difetti delle aziende italiane, grandi-medie-piccole che siano, è quello di essere presenti a raffica su tutti i social solo perché quei social sono di moda, o solo perché la gente ne parla e se ne parla sui media.

Prendiamo appunto il caso di Instagram, per esempio.

Instagram è il social che insieme a Facebook ha avuto il più alto tasso di incremento nell’ultimo anno. La tipologia di aziende più presenti su questo social appartengono al Food, al Beverage e all’Enterteinment, e colpisce il dato che fissa il Travel al nono posto*.

Nell’ultimo anno le aziende si sono precipitate ad aprire il loro profilo aziendale Instagram.

E poi?

Dopo qualche settimana di fotografie postate senza capo né coda, la frenesia (fortunatamente) è finita. E adesso Instagram è diventato, per loro, un canale muto. Il peggio che potesse accadere.

Ciò significa che dietro alla scelta di aprire un canale social, non c’è una strategia ben precisa e, peggio ancora, non ci sono risorse e cervelli.

Inoltre, la maggior parte delle aziende non sa che prima di aprire un profilo Instagram bisogna accertarsi che il pubblico di riferimento sia lì. Perché non è detto che lo sia. Magari se ne sta beatamente da un’altra parte.

Ma facciamo finta che il target sia lì, su Instagram: siamo sicuri di avere qualcosa di interessante da raccontargli? E ancora, abbiamo visto cosa fa la concorrenza? C’è o non c’è su? Come si comporta? Fa solo branding selvaggio o fa anche Storytelling interessante?

Tutte cose che vanno esaminate, prima di farsi prendere dalla foga di aprire un profilo aziendale.

Vi lascio con una notizia: la rivista americana Time, che premia annualmente il miglior account Instagram, ha premiato per il 2015 Stacy Kranitz, che non è un’azienda ma una persona, per avere utilizzato Instagram “nel modo in cui dovrebbe essere usato: per testimoniare le cose mentre accadono”.

Intanto, se volete qualche consiglio su come migliorare la vostra presenza sui social media, scrivetemi. Sarò felice di scambiare due chiacchiere con voi.

Nella foto l’account di Stacy Kranitz.

* Dati tratti dalla ricerca “La SocialMediAbility delle aziende italiane” dell’Osservatorio IULM sui Social Media in collaborazione con BlogMeter di cui ho parlato in questo articolo.

Cresce la SocialMediAbility delle aziende italiane, ma c’è ancora tanto da fare.

osservatorio iulm social mediaIl 28 gennaio scorso ho partecipato all’evento La SocialMediAbility delle aziende italiane, in cui l’Osservatorio IULM sui Social Media (in collaborazione con BlogMeter) ha presentato i risultati della consueta ricerca annuale sull’utilizzo dei canali social da parte delle aziende italiane.

Seppur in crescita, l’indice medio della SocialMediAbility ci disegna uno scenario sconfortante: c’è infatti ancora tanta strada da fare affinché le aziende italiane scoprano le vere potenzialità del Social Media Marketing.

Ma vado con ordine.

La ricerca si è basata su un panel di 720 tra grandi, medie e piccole aziende italiane, selezionate tramite sorteggio, e suddivise in 6 categorie di appartenenza: Alimentare, Arredamento, Banche, Hospitality, Moda e Aziende appartenenti al cosiddetto B2B (manifattura, legno, gomma, plastica e metallurgia).

I principali dati emersi sono questi:

Il 25% delle aziende monitorate non possiede ancora un sito internet. Dato molto grave, considerata ormai l’importanza della rete nel rapporto con i consumatori
Il 73% delle aziende utilizza almeno un canale social. Dato confortante, se non fosse macchiato dal fatto che molte di queste hanno aperto il canale ma non lo hanno sviluppato
Cresce sensibilmente la presenza sui social delle PMI e si riduce quindi il divario con le grandi aziende rispetto alla ricerca dell’anno precedente
Facebook è di gran lunga il social più utilizzato con il 79%, seguito da YouTube con il 55% e da Twitter e Google+ con il 48%
Il 18% delle aziende che ha aperto un canale social non lo ha comunicato sul sito o comunque non ha i link social in evidenza sulla Home Page
Solo il 50% delle aziende ha una strategia social basata su un preciso piano editoriale, quindi un’azienda su due ha i social ma li usa senza testa (questo dato è comune a tutti i canali social attivati)
Su Facebook, quindi il social di gran lunga più gettonato, il 40% dei post è di carattere commerciale con protagonisti il brand e i suoi prodotti. Il 27% sono relativi ad eventi aziendali e solo il 16% dei post si possono classificare tra quelli “interessanti”, cioè quelli che producono davvero engagement, e creano relazioni e condivisioni tra i fan della pagina
La crescita dell’indice medio complessivo della SocialMediAbility (SMA) delle aziende è quindi modesto: si passa infatti dal 3.6 del 2013 al 4.2 del 2015, in un range da 1 a 10.

E’ chiaro che da questi dati emerge una situazione critica sull’utilizzo dei social media da parte delle aziende italiane.
Aziende che non hanno ancora compreso il vero significato della relazione con il target attraverso i canali sociali: la maggioranza di esse pensa, infatti, che sia sufficiente parlare di sé e dell’azienda con contenuti di carattere autoreferenziale per generare engagement e, magari, aumentare il fatturato. Ma purtroppo le cose non stanno così.

I social, infatti, non sono nati esclusivamente per aumentare le vendite, ma per sviluppare e migliorare la relazione con i (potenziali) clienti (il “Marketing Relazionale”), basandosi su una precisa strategia di “social caring” con fan e follower che, alla lunga, potrebbero diventare i perfetti testimonial dell’azienda e, perché no, anche acquistare e consigliare i prodotti che gli vengono proposti.

In sostanza, le aziende italiane usano i nuovi media come se fossero i vecchi media: la stessa strategia adottata per i canali offline (tv, stampa, radio) viene replicata per quelli online, che necessitano invece di argomenti e strategie decisamente diversi.

Al termine della presentazione è partita un’interessante tavola rotonda dalla quale sono emerse nuove e preoccupanti rivelazioni. Su tutte, quella che la maggior parte dei siti delle aziende monitorate non è responsive. E in un periodo storico in cui è avvenuto il sorpasso delle visite da mobile sulle visite da desktop, la cosa è deprimente.

La discussione ha portato anche a consigli e soluzioni per cercare di tamponare la gravità dello scenario che la ricerca ha svelato.

Ma di questo parlerò nel prossimo post.

Intanto, se volete qualche consiglio su come migliorare la vostra presenza sui social media, scrivetemi. Sarò felice di scambiare due chiacchiere con voi.

Facebook e il punteggio di pertinenza.

E’ di qualche giorno fa la notizia che Facebook renderà visibile agli investitori pubblicitari il cosiddetto “punteggio di pertinenza” relativo alle comunicazioni promozionali pubblicate all’interno della sua piattaforma di Advertising.

E’ un annuncio importante perché significa che il re dei social si sta adeguando agli standard già attuati da Google per le campagne Adwords Pay per Click.

Sull’interessante sito di Fabio Piccigallo trovate un interessante approfondimento su questa novità.