Da non crederci: il calzolaio che va in giro con le scarpe aggiustate.

Ebbene sì, dopo averne create numerose per i miei clienti, ho finalmente trovato il tempo di aprire  la pagina Facebook di Enrico Maria Porro Comunicazione. La trovate a questo link, mentre nella foto potete vederne un’anteprima.

Sulla mia (nostra) pagina Facebook non si parlerà solo di me (noi) e dei miei (nostri) progetti e servizi, ma anche di pubblicità e comunicazione a 360° dedicandoci al racconto di quello che succede intorno al mondo della creatività online e offline, segnalando eventuali campagne pubblicitarie, progetti internet ed eventi che hanno colpito la mia (nostra) curiosità.

E, perchè no, ricordando alcune campagne storiche o storici creativi e pubblicitari che hanno fatto la storia di questa disciplina.
Strizzando l’occhio a quegli anni in cui le vacche erano veramente grasse.

Inutile dirvi di andare a vederla e , se volete, cliccare sul fatidico “mi piace”.

Meglio tardi che mai.

Sul sito Social Media Examiner, scopro con piacevole sorpresa che ben l’86% dei responsabili Marketing delle aziende si è (finalmente) convinto che i Social Media sono assolutamente necessari per creare business. Meglio tardi che mai!

Questo l’indice di gradimento dei Social Media: Facebook 92%, Twitter 80%, LinkedIn 70%. A ruota seguono i Blog con il 58%, YouTube 56%, Google + 42%. Fanalino di coda, ma solo per un punto percentuale, Pinterest con il 41%.

Parlando però di investimenti futuri, in cima alla lista dei desideri c’è YouTube con un significativo 69% di responsabili Marketing che intendono investire sul sito di video sharing.

Buon risultato anche per quanto riguarda la volontà di investire sui Blog Aziendali (e non) che ottengono il 66%, una bella cifra per coloro che credono nei contenuti interessanti per attirare clienti e generare lead.

A margine di questi dati, segnalo la sempre più nutrita richiesta da parte delle aziende della figura di Social Media Manager. Purtroppo, a fronte di molte richieste, l’offerta è davvero scarsa. Nel senso che coloro che sanno fare davvero il lavoro di Social Media Manager sono pochi. Non è sufficiente saper smanettare sui pc e sui social. Ci vuole professionalità e un minimo di conoscenza basilare dei principi di comunicazione e di marketing.

Succede infatti che le aziende, anche importanti, si portino in casa figure in apparenza interessanti ma che al primo problema non sanno che pesci pigliare.

E se non sai che pesci pigliare nella “rete”, nella padella ci finisci proprio tu.

Il SEO è morto? Viva lo SMO!

Da qualche mese è sempre più difficile utilizzare Google sui dispositivi mobili. La troppa pubblicità con cui BigG infarcisce i risultati delle ricerche, rende difficoltosa la lettura già sui normali pc, dove ci si può ancora destreggiare per via delle dimensioni ancora “grandi” dei monitor, figuriamoci poi se la stessa ricerca la proviamo a fare da un tablet o, peggio ancora, da uno smartphone, dovela situazione diventa davvero complicata: si rischia di non vedere nessun risultato della ricerca senza dover scorrere la pagina. Tutta colpa della pubblicità e delle mappe di Google che tolgono spazio e visibilità alle ricerche organiche che, fino a prova contraria, sono quelle che tutti noi preferiamo perché più “genuine”.

Tutto ciò ha conseguenze devastanti soprattutto per le aziende che cercano in tutti i modi, attraverso il lavoro dei consulenti SEO, di scalare le serp e comparire il più in alto possibile tra i risultati. Con tutta quella pubblicità, le probabilita di riuscita dell’impresa sono vicine al nulla.

Discorsi che, se visti da un punto di vista un po’ drastico, rischiano di decretare in qualche modo la fine annunciata del Seo (Search Engine Optimization), l’insieme delle procedure su cui si lavora per rendere il sito piùvicino ai desideri dei motori di ricerca.

Il quotidiano inglese The Guardian, non proprio l’ultimo arrivato, è proprio di questo parere come ha scritto qualche giorno fa: “Nel peggiore dei casi, il Seo si traduce nel rendere i contenuti web meno interessanti per i lettori ma migliori per i robot dei motori di ricerca e per i misteriosi algoritmi di Mountain View”. Con l’aggravante che da qualche anno a complicare la faccenda si sono messi anche i social media che nel 2012, secondo un rapporto di Forrester, hanno generato il 32% delle “scoperte online” contro un 54% di marca Google e altri motori di ricerca. Il pareggio dei conti è quindi dietro l’angolo.

Quale sarebbe, a questo punto, la medicina con cui singuarisce da questo problema? I medici del web l’hanno (l’avrebbero) trovata: si chiama SMO (Social Media Optimization) ed è l’acronimo che, secondo molti, manderebbe definitivamente in pensione il SEO. Sono infatti sempre di piú le “raccomandazioni degli amici sui social network” e iniziano a contare molto di piu di tutti i benedetti algoritmi creati a Mountain View o giù di li.

Libri 2.0: quando un tweet mirato vale più di una recensione.

Il web 2.0 è arrivato anche in libreria, autori ed editori sono avvisati. E’ bastato infatti un semplice tweet di 140 caratteri scritto da Valentino Rossi, per far vendere in un solo colpo 200 copie del libro di memorie di Andre Agassi, Open.

E così, se una volta gli editori facevano il filo ai più affermati critici letterari, oggi devono marcare stretto i Social Network perchè, come sostengo da ormai un anno su questo blog, è lì che adesso si fanno i giochi. Non è un caso infatti che i piú accreditati influencer di Twitter ricevano direttamente dagli editori copie di libri da leggere, con la speranza che diventino uno o più tweet da dare in pasto alle migliaia di followers. Ovviamente dipende dal libro. Di certo I Promessi sposi di Alessandro Manzoni non sarebbe il libro adatto per essere sponsorizzato da Twitter, mentre Open di Andre Agassi, sì, perché ha un potenziale target di lettori che si sovrappone molto bene con quello di Twitter.

Valentino Rossi fa parte di quel target e il suo cinguettio: “Me lo ha regalato un mio amico che di libri ne legge un sacco. Ve lo consiglio”. Una settantina di battute che sono valse 200 copie vendute in libreria. Mica male, vero? Quasi 3 copie a battuta.

Recentemente anche Pinterest ha contribuito alle vendite di un libro, si tratta di 1Q84 dello scrittore giapponese Haruki Murakami che ha pinnato alcune sue fotografie sull’ultimo nato tra i Social Network.

A conferma di questo fenomeno virtuale che ha preso il posto del vecchio passaparola, è nato una sorta di “cartello”, nel senso buono del termine, di blog letterari che hanno ricevuto l’attestato di influencer. L ‘hanno creato proprio le Case Editrici e vi figurano blog come Finzioni, Booksblog, Vibrisse, Tazzina di caffè, Minima Moralia, Ho un libro in testa, Letteratitudine e altri ancora.

Se siete una piccola Casa Editrice e avete una promessa letteraria tra le mani, non scordatevi di parlarne anche sulla rete. A volte funziona. E non costa niente.

Complimenti a Einaudi che presenta le novità editoriali su Pinterest.

Qui non si è ancora parlato di Pinterest, ma è ora di farlo. Io, per esempio, ho aperto la mia pagina qualche mese fa e sto pubblicando, tra le altre foto, anche quelle del mio portfolio da art director. Ma non è di me che voglio parlare ma di Einaudi che sta utilizzando al meglio l’ultimo arrivato tra i Social Network di successo. Oggi ho scoperto che la casa editrice presenta le nuove uscite editoriali mensili con degli appositi boards (si chiamano così su Pinterest le sezioni). Ecco qui quelle di settembre. Complimenti.