Alzi la mano chi non ha mai twittato durante la visione di una trasmissione televisiva. Io lo faccio spesso (e volentieri).
E’ infatti fresca la notizia che la società di ricerca Nielsen Italia dal 2014 metterà a disposizione lo strumento Tv Ratings, un sistema già in uso negli States, ma ancora nel vecchio continente, che permette di analizzare e decriptare le conversazioni e i commenti che si scatenano su Twitter durante le trasmissioni televisive.
Lo strumento funziona così: la Nielsen gestisce una piattaforma in grado di monitorare e ricevere da Twitter tutti i dati relativi al traffico di tweet che interessano un determinato programma televisivo, e li elabora di conseguenza affidandosi ai suoi indicatori di audience. Uno degli introiti economici più importanti di Twitter, è infatti rappresentato dalla vendita di informazioni alle aziende, ai politici e ai protagonisti dello show business: una mega relazione dettagliata su cosa si dice e si pensa di loro nelle conversazioni dei twitter-maniaci.
Una specie di web-reputation live, da aggiungere ai dati già forniti dal tradizionale servizio Auditel. Con la differenza che i dati da Twitter sono caldi e, se vogliamo, più umorali, mentre i dati ottenuti dai campioni Auditel, rimangono freddi.
Il tutto a servizio dei santoni del marketing che avranno a disposizione uno strumento in più per proporre ai clienti e agli inserzionisti la giusta presenza pubblicitaria in televisione.
Quindi, da stasera, scaldate gli hashtag: tutti pronti a scatenarsi dal divano di casa, twittando (male o bene) di questo o di quest’altro conduttore o programma tv.
Una cosa è certa: i tempi del Rischiatutto e di Giochi senza Frontiere sono proprio passati.
Anche quest’anno sono stato allo IAB Forum di Milano. Chiunque si occupi di Web Marketing e New Media non può fare a meno di partecipare a questo evento che, giunto alla decima edizione, è ormai un must per gli addetti ai lavori.
Prima considerazione a caldo: quest’anno c’è meno gente del solito. Per comodità dicono tutti che la colpa è della crisi. Sarà vero? Potrebbe essere cosí, visto che io stesso ho timbrato il badge solo il secondo giorno.
Tra i tanti workshop gratuiti, quest’anno ho deciso di concentrarmi maggiormente su quello dedicato all’email marketing (da adesso EM). E l’ho fatto per due motivi, il primo perché a moderare c’era il mio amico Roberto Ghislandi, vecchia volpe dell’EM e il secondo perché gli argomenti trattati erano quelli più stuzzicanti.
Sono intervenuti Maurizio Alberti, Managing Director eCircle Srl, Nazzareno Gorni, General Manager di MailUp e Gianluca Cangini, Account Manager di MagNews.
Cerco di mettere in fila le cose più importanti emerse durante il workshop e che ho twittato ai miei follower.
Maurizio Alberti presenta i dati di una ricerca sugli utenti di EM da cui emergono questi dati salienti e interessanti.
L’aumento della fidelizzazione è il risultato più atteso da chi fa o ha fatto EM.
Il tool migliore per integrare i dati a nostra disposizione per fare EM è la web analitics.
La raccolta, l’analisi e l’utilizzo dei dati sono le fondamenta della strategia di eCircle sull’utilizzo dell’EM.
Il 46% delle aziende che fanno EM non ha tempo (o non sa come fare) per verificare eventuali risultati ottenuti. Questo dato è particolarmente sorprendente. Aiutiamole!!!
La mancanza di budget e di risorse sono le cause principali che portano le aziende a NON investire.
La cosa più difficile nell’EM è la generazione di contenuti efficaci. Anche qui The content is king.
Anche nell’EM il cloud la fa e la farà da padrone.
Infine, un dato inclemente per chi ha un sito di e-commerce e lo ritiene lo strumento principale del suo business: il 45% degli utenti di un sito di e-commerce abbandona il carrello per molteplici motivi.
Nazzareno Gorni sforna subito un dato esplosivo: in un anno ogni utente internet genera 322 gb di dati sul web.
Ma chiude con un dato preoccupante: solo il 3% degli utenti che arrivano su un sito di e-commerce chiude la sua visita con un acquisto.
Bello e creativo l’intervento di Gianluca Cangini che, infilandosi una giacca d’oro con le pailettes, intavola uno show immaginandosi di essere nel 2021 e di essere l’artefice del successo di un prodotto che si chiama Home Fly e che si occupo di volo domestico.
Concludo riportandovi dei dati di fatto e delle impressioni che ho colto qua e la negli altri workshop nei quali ho curiosato.
Intanto la scoperta dell’acqua calda: gli investimenti pubblicitari fanno acqua da tutte le parti, l’unica barca che regge all’impatto della crisi è quella di internet. Ma occhio agli scogli…
E poi, il video advertising è tra i mezzi che è cresciuto maggiormente nella storia di qualsiasi altro mezzo di pubblicità.
E ancora, l’Italia è tra i leader mondiali nell’utilizzo di smartphone e tablet, e allora perché la banda larga lascia ancora a desiderare?
Lo scopriremo solo vivendo. Anzi, solo navigando.
Qualche curiosità: a differenza degli altri anni ci sono più giovani, ma le cravatte non diminuiscono. Una cosa che valeva anche gli anni scorsi: allo IAB trovare un bagno è un’impresa titanica.
Poi incontro un amico che ha assistito al forum su “Contenuti e informazione” a cui hanno partecipato Gomez del Fatto Quotidiano e Paolo Liguori e proprio quest’ultimo ha avuto il coraggio di dire agli advertiser presenti in sala che Auditel e Audiweb appartengono al passato, sono roba vecchia. Sempre Liguori, ma questa l’ho letta su Twitter (hashtag #IABForum), avrebbe detto la seguente memorabile battuta: “Quando ho saputo della scelta di Lucia Annunziata per la direzione dell’Huffington Post Italia sono scoppiato a ridere”.
Nel frattempo, nell’aula Silver dello IABForum hanno assegnato il premio per la migliore start-up dell’anno. Ha vinto Iubenda.
Ma la volete sapere la novità più bella di quest’anno allo IABforum? Il sushibar.
Twitter è ormai una parola sulla…tastiera di tutti. Giochi di parole a parte, segnalo oggi una case history interessante che riguarda il brand Ikea Italia che proprio in questi giorni ha raggiunto i 100.000 followers. Un successo straordinario per la sede italiana del colosso svedese dei mobili. Ikea, del resto, ha una storia e un target perfetti per avere successo sui Social Network. Due mondi che ben si sposano tra loro e che hanno portato ad un giusto mix tra qualità dei prodotti e innovativa comunicazione sulla rete, per uno strepitoso successo dell’immagine online di IKEA. Gli oltre 100.000 follower twittano parlando delle loro esperienze in negozio, del loro legame col brand e del loro entusiasmo per i prodotti IKEA. Tutto questo avviene con uno stile ironico e molto smart che ben si addice al mezzo internet. Una delle recenti attività che ha riscosso molto successo è #parlasvedese: un hashtag con cui gli utenti sono stati invitati a interagire twittando una frase di 140 caratteri (e di senso compiuto) con i nomi dei prodotti IKEA. E’ proprio il caso di dire: IKEA uguale IDEA. Tra gli altri hashtag utilizzati, quelli più popolari sono #confessioni, #IKEAFood, #IKEAidee. E adesso qualche numero: il canale Twitter di IKEA Italia cresce di circa 3.000 follower alla settimana e in modo completamente naturale. Insieme al numero di follower cresce anche l’interazione che conta, invece, circa 300 tra @mentions, reply e retweet alla settimana.
Il successo di IKEA Italia su Twitter è il risultato di un lavoro gestito da un team nato dalla collaborazione tra Plan.net Italia e Hagakure.
Giusto il tempo di capire come funzionava ed ecco che Twitter decide di cambiare interfaccia. Per la gioia dei tanti microbloggerche erano finalmente riusciti a capirci qualcosa.
Evidentemente al principe dei social network il successo ha dato alla testa. Appena ha saputo di essere sulla bocca di tutti ha deciso di farsi ancora più bello rinnovando la grafica delle pagine.
Qui sopra vedete infatti la nuova grafica del mio profilo Twitter con tutte le caselle al posto…sbagliato. Nel senso che ciò che prima era a destra, ora è a sinistra. E viceversa.
Tipico dei social network. E speriamo che ora, per un po’, ci lascino stare con questi cambi improvvisi.
Ma vediamo nei dettagli cosa ha portato di buono il cambiamento d’immagine.
Il profilo è in apparenza più ampio e ricorda un po’ quello del rivale Facebook. La novità forse più importante è la presenza della amata-odiata pubblicità, amata per gli inserzionsiti e odiata per chi se la dovrà sorbire. Ma anche qui vige la regola del “senza pubblicità l’alternativa è chiudere“.
La famigerata reclame arriva tramite le pagine commerciali, chiamate brand pages, messe a disposizione delle società che vogliono diffondere prodotti e servizi.
Il Ceo Dick Costolo, dice che «Twitter ha l’obbligo di raggiungere ogni singola persona dell’universo internet», ecco il motivo del cambiamento che dovrebbe rendere più intuitiva e facile la pubblicazione dei micropost da 140 caratteri.
Per saperne di più dire la vostra, l’hashtag da seguire è#newtwitter .